Presentato ufficialmente durante l’ultima Fiera4Passi a Treviso, il progetto Welfare Lab entra nel vivo, dando il via alla sperimentazione dei due modelli di autoimprenditorialità messi a punto da NeXt all’interno dell’impianto nazionale attivato dalle Acli.
All’interno di uno dei più rappresentativi eventi sui temi della cittadinanza attiva e dell’economia sostenibile la Fiera4Passi è stata la giusta cornice per presentare, con un innovativo stand di “orienteering” incentrato sull’autoimprenditorialità, il progetto delle Acli Nazionali “WelfareLab. Soluzioni innovative di contrasto alla povertà”, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell’articolo 72 del Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 117 – anno 2017 .
Per questo ambizioso progetto, NeXt ha proposto la sperimentazione di modelli virtuosi di autoimprenditorialità per cittadini che possono, con il loro impegno e un investimento economico modesto, costruirsi una professionalità e aiutare anche altri a farlo. Welfare Lab è un laboratorio di modelli attivi per il welfare, per il benessere delle persone in povertà relativa, che tramite il reinserimento sociale e lavorativo ritrovano la giusta motivazione per crearsi nuove opportunità di vita.
Alla base del progetto, la valorizzazione delle capacità individuali della persona, che può portare – nella maggior parte dei casi – all’uscita da un periodo di difficoltà e all’impegno in attività soddisfacenti, che contribuiscono alla propria realizzazione e a quella di un’economia più equa e sostenibile.
Per questo ambizioso progetto sono due i modelli di reinserimento e autoimpiego proposti da NeXt: la Food Coop e il Charity Shop. Ma di cosa si tratta?
La Food Coop
Food Coop è un termine inglese e infatti questa tipologia di cooperativa nasce negli USA qualche anno fa e racchiude un modello di minimarket locale, che aggrega prodotti a Km0 o comunque di fornitori locali e promuove uno stile di vita non consumistico, ma più responsabile, sia dal punto di vista economico che sociale. Il Food Coop è un negozio di medie o piccole dimensioni, che non solo valorizza i produttori e le filiere locali, ma fa del bene ai suoi collaboratori e al quartiere in cui si trova, riqualificando persone e luoghi e insegnando una nuova strada verso la partecipazione dei cittadini alla vita del quartiere.
Ciascuna risorsa impegnata nel Food Coop ha un suo ruolo e diventa responsabile del proprio lavoro, creando opportunità e vantaggi per tutti. Promuove una riqualificazione personale, che mira a uscire dallo stato di povertà relativa e a sentirsi più fiduciosi in se stessi e nella società o comunità di appartenenza. Contribuendo con il proprio denaro attraverso il pagamento di una quota sociale iniziale, con un piccolo contributo mensile e con il proprio tempo sotto forma di lavoro volontario, si diventa Food Cooperator.
Il Food Cooperator riveste una doppia figura, quella del gestore – infatti tutti i soci partecipano egualmente alle decisioni e alle mansioni richieste dall’attività, scegliendo insieme i produttori e i prodotti – e quella del lavoratore/consumatore attraverso la prestazione di lavoro volontario all’interno del negozio per circa 5 ore la settimana. Inoltre, il Food Coop sviluppa il territorio in diversi modi: riattivando o rafforzando il senso di appartenenza e la vita sociale della comunità; valorizzando i prodotti locali; cambiando il concetto consumistico dell’economia; offrendo sostegno anche a chi non lavora nella cooperativa, ma può usufruire della “spesa sospesa”. Questo meccanismo funziona in modo intuitivo: faccio la spesa e lascio qualcosa di pagato per chi non può permetterselo.
Il Charity Shop
Il secondo modello di autoimprenditorialità sostenibile proposto da NeXt è quello delle Charities. Queste realtà, in Europa, sono negozi che aiutano il prossimo. Vendono di tutto: dalle scarpe agli orecchini, da oggetti di arredamento alle borse. In questi negozi di moda un po’ speciali, si possono incontrare tutte le tipologie di persona. I clienti di una Charity possono essere fanatici delle mode e tendenze, che cambiano spesso stile del loro outfit oppure chi per diversi motivi non vuole spendere una fortuna per abiti nuovi.
Queste cooperative, infatti, ritirano abiti, accessori e oggetti usati sotto forma di donazione dai cittadini che li vogliono dismettere, li riporta a nuova vita con un laboratorio sartoriale specializzato e li rivende generando uno sviluppo economico circolare e offrendo opportunità lavorative a persone svantaggiate o che si trovano in una situazione di povertà relativa.
La moda e l’originalità di ciascuno di noi nel proporsi agli altri, si arricchisce di originalità in modo sostenibile, sia dal punto di vista sociale, che economico, generando felicità diffusa.
Ciascuna risorsa impegnata nel Charity Shop ha un suo ruolo e diventa responsabile delle attività a lui assegnate, creando opportunità e vantaggi per tutti. Inoltre, imparare un lavoro e portarlo avanti, promuove una riqualificazione personale, che mira a uscire dallo stato di povertà relativa e a sentirsi più fiduciosi in se stessi e nella società o comunità di appartenenza.
Oltre alla creazione di opportunità lavorative, il modello valorizza una comunità locale e i suoi cittadini, mettendo in vendita abiti “rinnovati”, che non tutti potrebbero permettersi. Inoltre, il concetto di economia circolare alla base di questi negozi, garantisce la diffusione di modelli economici sostenibili e sempre più riconosciuti dai cittadini come motore dell’Italia.
Per entrambi i modelli verrà realizzata una sperimentazione in due Circoli Acli che si sono candidati per portare avanti l’iniziativa, coinvolgendo le persone secondo le loro attitudini ed esigenze di formazione e di inserimento.